mercoledì 13 aprile 2016

Mistress America

Tracy Fishko, matricola al college ed aspirante scrittrice, si è appena trasferita a New York, dopo l'annuncio di un nuovo matrimonio di sua madre. Mentre combatte per far parte d'un prestigioso circolo letterario e vorrebbe far innamorare il nerd che ha cominciato a frequentare, prende contatto con Brooke, la futura sorellastra che dovrebbe darle una mano ad ambientarsi nella Grande Mela. Trascinata dai ritmi e dall'entusiasmo di quest'ultima, Tracy cambia passo e si lascia coinvolgere nel vorticoso vivere della giovane donna che - tra i mille progetti coltivati - ha quello di aprire un ristorante "familiare" e moderno a Williamsburg. Se Brooke abbisogna di danaro per poter raggiungere il proprio obiettivo, Tracy necessita di Brooke per scrivere una sorta di racconto dell'esistenza: amica sincera quanto logorroica, la prima senza accorgersene fornisce a Tracy la vicenda per accedere al circolo. Quando Brooke disvela il progetto della parente neoacquisita, la loro sintonia rischia di frantumarsi ed i rispettivi desideri di entrare in rotta di collisione...

Al suo nono lungometraggio (solo cinque, però, sono approdati in Italia), Noah Baumbach riprende le fila del precedente "Giovani si diventa" (2014) e, girando una commedia di amicizia interpretata meravigliosamente dalla sua musa Greta Gerwig - anche sceneggiatrice - e da Lola Kirke, chiude una trilogia agrodolce incentrata sulle relazioni vissute dai rappresentanti della tarda giovinezza della generazione X. "Mistress America", in particolare, si lega al primo pannello del trittico, "Greta Ha" (2012), dove una 27enne danzatrice precaria - abbandonata per un uomo dalla convivente ed amica del cuore - si vede obbligata a coabitare con due coetanei radical chic. Adesso, qui, il personaggio centrale -  Brooke, per intenderci - si ostina a cercare il proprio posto ed a pretendere la felicità che ritiene di meritare, come in un racconto rohmeriano. Entrambe inadeguate, seppure in modi differenti, ad accedere all'età adulta, Brooke e Tracy indossano al mattino una maschera da vincenti e mai se ne disfano nel corso della giornata: un espediente che le trasforma in valide incassatrici dei colpi della vita, conservando un vigore a tratti commovente. 

Se per consuetudine sono i vecchi a vampirizzare i giovani, Baumbach rovescia le carte e mette in scena un percorso che include l'impiego da parte della ragazzina di ogni mezzo per giungere ai propri fini. Poggiato su una sceneggiatura scintillante, con un rimpallo delle battute tanto felice da rimandare alla screwball comedy (si potrebbe fare una tesi di laurea sull'evoluzione del personaggio femminile picchiatello, che giunge a Brooke partendo dalla Susanna di Howard Hawks, poi passando per la Judy di "Ma papà ti manda sola?" di Bogdanovich e la Annie Hall di Woody Allen), "Mistress America" rappresenta la "crisi" - nella medicina antica, la fase cruciale del decorso di una malattia, quella in cui si decide la guarigione o la morte - di esistenze precarie e talentuose, che danzano in scioltezza sull'orlo del precipizio (solo un piccolo colpo di fortuna evita a Brooke di venire, alla conclusione, risucchiata dai debiti).  

Ritrattista tragi-comico, tagliente e verboso in sintonia con la propria sodale, Noah Baumbach conferma il proprio talento nel disegnar figure femminili sfaccettate e contemporanee, che si sbattono per restare al passo con i tempi ed ansimano pur di non rinunciare ai propri propositi: magari non sanno bene quello che desiderano, però lo desiderano tanto. I punti di riferimento sono, per certo, Woody Allen e François Truffaut (dell'influenza di Rohmer, s'è già accennato): i caratteri maschili prendono dalla tradizione ebraica dello schlemiel, laddove quelli femminili sono contrassegnati dal carisma di Greta Gerwig, attrice modernissima e rétro nello stesso momento, impagabile nel racchiudere lo spirito di un'epoca e nel tratteggiare, con pochi gesti, personaggi indimenticabili. Le donne di Baumbach assomigliano alle alleniane sorelle di Hannah, è vero, ma il magistero del nostro riesce ad aggiornarle, sfuggendo alla tentazione del cinismo e facendo dei propri lavori altrettanti block-notes di appunti antropologici, financo etnografici. Se l'America cambia (come dice nel finale Tracy), egli schizza con elegante malinconia i tratti delle estreme rappresentanti della resistenza, delle Brooke destinate a salvarsi grazie alla propria disarmante sincerità.
                                                                                                                                                                                       Francesco Troiano

MISTRESS AMERICA. REGIA: NOAH BAUMBACH. INTERPRETI: GRETA GERWIG, LOLA KIRKE, NAT BALDWIN, JULIET BRETT. DISTRIBUZIONE: FOX. DURATA: 84 MINUTI.

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