sabato 6 febbraio 2016

Lo chiamavano Jeeg Robot

Enzo Ceccotti è un carneade, vive a Tor Bella Monaca e tira avanti con piccoli furti, sperando di non essere catturato. Un giorno, giusto mentre fugge dalla polizia, si getta nel Tevere per celarsi e cade per errore in un barile contenente una sostanza radioattiva. Ne esce in pessime condizioni, vomita, ha dolori per l'intera notte. In compenso, il giorno dopo si rende conto di avere acquistato dei poteri speciali: in particolare, può ora contare su una forza sovrumana. Mentre Enzo s'ingegna a mettere a frutto le nuove doti per ramazzar danaro, a Roma è in atto una sorta di guerra tra bande: alcuni clan, giunti da fuori, stanno terrorizzando la città con attentati esplosivi, mentre un piccolo criminale deciso a primeggiare minaccia Alessia, la vicina di casa di Enzo, figlia d'un suo amico morto da poco. Ormai restata sola, la ragazza s'attacca a lui, credendolo l'incarnazione di Jeeg Robot...

"Da amante dei generi penso che quello supereroistico rappresenti la sfida più complessa e pericolosa. Fare un buon film, per me, significa raccontare con originalità. E quando ti avventuri in un genere che non ti è proprio, il rischio di scadere in un'imitazione è dietro l'angolo". Diciamo subito che gli azzardi nascosti dietro una pellicola quale "Lo chiamavano Jeeg Robot", Gabriele Mainetti li ha evitati davvero alla grande. Documentarista di rango, aveva già mostrato la sua predilezione per il manga rendendo omaggio a "Lupin III" con attori romani nel cortometraggio "Basette" (2008); poi, con "Tiger Boy" (2012) - storia di un bambino che indossa la maschera de Il Tigre, mitico wrestler romano - aveva ottenuto svariati riconoscimenti in Italia e all'estero.

Comprensibile, quindi, che il suo esordio nel lungometraggio si richiami, nel titolo, a Jeeg Robot - la serie dedicata al supereroe, prodotta in Giappone nel 1975 dalla Toei Animation su soggetto di Go Nagai, è composta da 46 episodi ed è approdata per la prima volta nel nostro paese nel 1979 -  e tenti con coraggio la via del superhero movie classico, con tutte le caratteristiche dei più significativi esempi indipendenti statunitensi. Concepito come una "origin story" da comic americano d'annata, è stato però girato con lo stile di un film d'azione moderno. C'è ironia, certo (l'irresistibile finale allo stadio Olimpico, ad esempio), ma sempre nel rispetto di un certo canone: il tragitto di Enzo, da uomo qualunque che il caso gratifica di un dono ad individuo consapevole d'essere investito d'un obbligo morale, passa per un percorso di colpa e di redenzione, che trova in Alessia un tramite gentile e, in sottofinale, commovente. Un eccellente esito, insomma, che molto deve alla prova degli attori. Claudio Santamaria trasforma il suo personaggio di outsider per eccellenza in figura che accetta il proprio compito con maestria. Luca Marinelli, sua palese nemesi, è funzionalmente sopra le righe, survoltato e sanguinario quanto pieno di narcisismo: se il Joker fosse nato in borgata, sarebbe così. Infine, una menzione particolare per Ilenia Pastorelli: la fragilità di Alessia, la sua sensibilità franta da un dolore (la perdita della madre), son rese con una partecipazione che suscita simpatia e fa affezionare lo spettatore.
                                                                                                                                     Francesco Troiano 


LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT. REGIA: GABRIELE MAINETTI. INTERPRETI: CLAUDIO SANTAMARIA, LUCA MARINELLI E ILENIA PASTORELLI. DISTRIBUZIONE: LUCKY RED. 
DURATA: 118 MINUTI.

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