domenica 8 marzo 2015

Foxcatcher

Mark Schultz, campione di lotta libera, viene assoldato dal magnate John Eleuthère du Pont per formare il team Foxcatcher e rappresentare gli Stati Uniti d'America alle Olimpiadi del 1988. Avendo perduto il padre da piccolo, l'atleta intravede nel mentore una figura criptogenitoriale alla quale volentieri s'affida; anzi, convince il fratello Dave, anch'egli ai vertici dello sport e suo allenatore da sempre, a trasferirsi lui pure nella nuova sede. Dapprima riluttante, anche per evitare alla propria famiglia il trauma di un tanto grande cambiamento, egli infine accetta, attratto certo da un ingaggio ricchissimo: ma, a questo punto, sono le cose fra John e Mark a non andare più tanto bene, al punto che quest'ultimo - sentendosi in un qualche modo tradito - va via senza troppi preavvisi. Forse è l'istinto ad averlo avvertito: il 26 gennaio 1996 suo fratello Dave, medaglia d'oro di lotta libera ai Giochi Olimpici del 1984, viene assassinato nel cortile di casa sua da John du Pont, la cui latente paranoia è infine esplosa.

Candidato agli Oscar, "Foxcatcher" è rimasto al palo: troppo ispida la storia, magari, deprimente e malata; o, chissà, eccessivamente pungente nel rappresentare il "sogno americano" come un incubo, un qualcosa di perverso e nauseante che mai è esistito, se non in forme distorte e caricaturali. Il fatto che la vicenda sia la minuziosa descrizione di fatti realmente accaduti ha, con ogni probabilità, reso ancora più inquietante il tutto. Ciò non ha impedito al film, da quando è stato presentato a Cannes nel 2014, d'esser apprezzato dalla critica internazionale e di aver ricevuto recensioni unanimemente positive: e si spera che le platee - quelle che s'interessano alle dinamiche dominazione/sottomissione, manipolazione/plagio solo nell'accezione melliflua e fuorviante di "Cinquanta sfumature di grigio"- affollino le proiezioni di questa pellicola.

Alla sua terza regia, Bennett Miller - già candidato all'Oscar per il suo "Truman Capote - A sangue freddo"(2005); e una nomination è stata riservata alla sua opera seconda, "L'arte di vincere" (2011) - si muove con grande bravura: tratteggia le psicologie dei due fratelli con piccoli, significativi tocchi; e si supera nel mettere in scena questo personaggio di miliardario frustrato e scosso da manie di grandezza, succube d'una madre che ne conosce bene i limiti e la cupa coloritura schizoide. E' d'uopo, qui, dire qualcosa sugli attori: se, nella parte di Mark, Ruffalo conferma il suo ben noto talento, è Steve Carell - trasformato finanche nel sembiante, sino quasi all'irriconoscibilità - a fornire una prova maiuscola, abile a immergere ogni piccolo gesto del suo personaggio in un alone di angoscia e, in sottofinale, paura. La tragedia ch'è lo scioglimento della trama, pur se esplode improvvisa, è stata costruita sotto i nostri occhi mettendo assieme le tessere di un puzzle, che solo nelle ultime immagini diviene scenario riconoscibile.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

FOXCATCHER. REGIA: BENNETT MILLER. INTERPRETI: STEVE CARELL, MARK RUFFALO, CHANNING TATUM. DISTRIBUZIONE: BIM. DURATA: 129 MINUTI.

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