lunedì 8 dicembre 2014

Pride

Siamo nell'Inghilterra thatcheriana, nel periodo in cui - tra il 1984 e l'85 - la lady di ferro sta cercando di piegare la resistenza dei minatori, impegnati in un lungo, drammatico sciopero a difesa dei loro posti di lavoro. Alcuni attivisti del movimento omosessuale, mossi dalla solidarietà verso quanti - proprio come loro - sono in lotta contro un sistema che emargina gli ultimi, scelgono di dare il via ad una raccolta di fondi per sostenerli. In particolare, tra gli undici gruppi LGSM (Lesbians and Gay Support the Miners) si rivela attivo quello operante a Londra e sorto intorno alla libreria Gay's the World in Marchmont Street: capitanato dal carismatico Mark Ashton (morto di Aids nel 1987, è ricordato nella storia gay come un santo ed un eroe), esso decise di aiutare i minatori della valle di Dulais, nel sud del Galles...

Nato dall'incontro fra l'entusiasmo dell'autore teatrale e sceneggiatore Stephen Beresford e del regista d'opera e teatro Matthew Warchus (neodirettore del prestigioso Old Vic Theatre di Londra), "Pride" è stato presentato all'ultima edizione del Festival di Cannes, ricevendo il plauso della critica e l'applauso del pubblico. Basato su di una storia vera, il film mescola con sapienza gli accadimenti reali, una certa dose di finzione e tutti quegli elementi di piacevolezza che fanno di un film del genere un sicuro cult. Delle durezze dell'epoca, ben poco è mostrato: le cariche di centinaia di poliziotti, anche a cavallo, e le feroci bastonature di manifestanti sono confinati ad un documento artigianale d'epoca, che funziona da incipit per la pellicola. Per il resto, salvo qualche parola di sdegno dei passanti durante il Gay Pride, la bontà prevale: e ciò aiuta il film ad assumer quel tono favolistico che tanto successo gli sta fruttando nei paesi anglosassoni.

Sia ben chiaro, la nostra non vuol essere una critica: opere del genere arrivano con più facilità a platee ampie, ed in fin dei conti il loro scopo vuole essere, pure, di suscitare il più vasto riverbero di simpatia possibile nei confronti di tematiche o vicende come queste. A render la pietanza prelibata, d'altra parte, vi è una compagine di attori straordinaria: i due mondi e le due generazioni trovano, rispettivamente, in Ben Schnetzer (il già citato leader dei gay) e Dominic West (il ballerino Jonathan Blake, al centro d'una travolgente sequenza di danza sulle note di "Shame Shame Shame") da una parte, Imelda Staunton (la irresistibile Hefina, colei che dà lo slancio a superare i pregiudizi nei confronti degli omosessuali diffusi anche tra i minatori e le loro famiglie) e Bill Nighy (un elegante, vecchio minatore, segretamente gay da una vita) delle perfette incarnazioni. Contrapponendo il bene di tutti all'interesse del singolo, la società all'individuo, il capitalismo al socialismo, "Pride" è una scanzonata commedia marxista che - qualcosa prendendo in ispirazione da "Full Monty"(1997) o da "Billy Elliott" (2000) - parla al cuore e al cervello come poche altre: un bel modo di passar due ore, investendo in un divertimento gradevole e intelligente.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

PRIDE. REGIA: MATTHEW WARCHUS. INTERPRETI: IMELDA STAUNTON, BILL NIGHY, DOMINIC WEST, PADDY CONSIDINE, ANDREW SCOTT, BEN SCHNETZER. DURATA: 120 MINUTI. DISTRIBUZIONE: TEODORA FILM.

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