mercoledì 17 settembre 2014

Un ragazzo d'oro

Davide Bias, creativo pubblicitario, coltiva ambizioni da scrittore che - forse per il distruggente rapporto da sempre intrattenuto con il padre, sceneggiatore di film commerciali e di successo popolare - non si concretizzano. Devastato dall'ansia e dall'insoddisfazione, che cerca di tenere a bada con psicofarmaci e l'ausilio di un'analista, nemmeno nella fidanzata Silvia trova conforto: quest'ultima, reduce da una storia durata anni, gli cagiona inquietudine per l'ossessione che possa tornare con il suo ex-fidanzato. Quando il genitore così poco amato muore, Davide si reca a Roma, con l'intento di arrecare conforto alla madre, rimasta sola. Al funerale, fa la conoscenza di Ludovica, fascinosa editrice interessata a dare alle stampe l'autobiografia che Bias senior stava preparando. Mentre Davide si perde dentro la ricerca d'un libro che forse non esiste, viene coinvolto dalla enigmatica personalità della donna, giusto come era avvenuto al babbo prima di togliersi la vita. Avendo, sul defunto, cambiato idea dopo averne scoperti lati a lui non noti della personalità, il figliolo sceglie di scriver egli stesso il volume che Ludovica s'attende: ne cava un bestseller, ma il prezzo da pagare risulterà altissimo.

Padri e figli, nella ormai imponente filmografia avatiana, tengono da sempre un posto di rilievo: vi è il genitore apprensivo sino ad essere commovente de "Il papà di Giovanna" (2008), quello infame de "Il figlio più piccolo" (2010), quello assente de "La cena per farli conoscere"(2007). Insomma, come nella letteratura russa ottocentesca, detto rapporto interessa non poco al cineasta bolognese, che in questa sua più recente fatica ha preso la decisione "di raccontare la storia di un figlio meraviglioso e d'un padre che questo figlio non se lo merita", ipotizzando "che questo rapporto sbilanciato sia quello più diffuso, oggi, nelle famiglie". Insomma, pur senza rinunciare ai suoi prediletti toni crepuscolari, Pupi ci partecipa con la consueta discrezione le sue preoccupazioni per il futuro del mondo in cui viviamo.

Preceduto da un fitto chiacchiericcio, dovuto alla presenza sul set della diva statunitense Sharon Stone  (e il personaggio di Ludovica, peraltro risolto in poche pose, è senza dubbio il meno a fuoco fra tutti), "Il ragazzo d'oro" è opera intimamente del nostro, pur se, forse, non tra le sue più risolte. Fatte le debite differenze, il Davide Bias di questo film richiama irresistibilmente il Vanni di "Festa di laurea" (1985) o il professor Carlo Balla de "Una gita scolastica" (1983): personaggi, vale a dire, di individui destinati allo scorticamento da vivi, a cagione di un desiderio d'affetto, d'un bisogno di vedere la figura amata come la s'immagina, che conduce al più grande dei sacrifici. Se dietro a tutto ciò si può vedere la figura del cattolico Avati, pessimista che crede comunque nella grandezza dell'uomo, il tutto s'invera dipoi in vicende atroci come questa, che ha forse soltanto il difetto di non notomizzare a fondo la transizione di Davide da una nevrosi a una grave psicosi, di non indagarne i perché in chiave analitica in luogo di un'ottica quasi cristologica. Scamarcio si rivela adeguato alla prova, attore in continua crescita; bene fanno pure, in ruoli di contorno, la sempre più valida Cristiana Capotondi e la veterana Giovanna Ralli.

                                                                                                                               Francesco Troiano

UN RAGAZZO D'ORO. REGIA: PUPI AVATI. INTERPRETI: RICCARDO SCAMARCIO, SHARON STONE, CRISTIANA CAPOTONDI, GIOVANNA RALLI. DISTRIBUZIONE: 01.
DURATA. 95 MINUTI.

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